Anno XXXVII - Numero 6 - 27 giugno 2014

Dall'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Ivrea, Pinerolo, Torino

Depositi IVA: una opportunità per ridurre i costi
a cura della Dott.ssa Luisella Fontanella, Dottore Commercialista in Torino

La finalità dei depositi fiscali Iva è di evitare che ai beni comunitari venga riservato un trattamento fiscale meno favorevole rispetto a quello previsto per i beni provenienti da Paesi extra-UE.

L’articolo 50-bis del D.L. n.331/93, infatti, al comma 4 individua una serie di operazioni per le quali l’assoggettamento ad Iva viene posticipata al momento in cui i beni, introdotti nel deposito, vengono estratti per l’utilizzo o la commercializzazione in Italia

Se il bene viene estratto per essere inviato all’estero, anche dopo avere subito delle trasformazioni o lavorazioni anch’esse non assoggettate ad IVA, viene definitivamente detassato.

Vi sono delle situazioni nelle quali può essere conveniente l’utilizzo del deposito Iva; basti pensare alla posticipazione del versamento dell’imposta che genera liquidità, ma anche al risparmio di costi per la gestione e magazzinaggio dei prodotti  ed per le spese fisse di struttura e di personale.

Le operazioni senza pagamento dell’Iva
Ai sensi dell’art.50-bis, co.4 del D.L. n.331/93, sono detassate ai fini IVA le seguenti operazioni:

  1. acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito Iva;
  2. operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati a essere introdotti in un deposito Iva;
  3. cessioni di beni, nei confronti di soggetti identificati in altro Stato membro della Comunità europea, eseguite mediante introduzione in un deposito Iva;
  4. cessioni dei beni elencati nella tabella A-bis allegata al decreto, eseguite mediante introduzione in un deposito Iva, effettuate nei confronti di soggetti diversi da quelli indicati nel punto precedente;
  5. cessioni di beni custoditi in un deposito Iva;
  6. cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito Iva con spedizione in un altro Stato membro della Comunità europea, salvo che si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio dello Stato;
  7. cessioni di beni estratti da un deposito Iva con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità europea;
  8. le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in un deposito Iva, anche se materialmente eseguite non nel deposito stesso ma nei locali limitrofi sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non superiore a sessanta giorni;
  9. i trasporti per il trasferimento dei beni in altro deposito Iva.


I vantaggi
La più interessate opportunità offerta da tale istituto è sicuramente l’utilizzo dei depositi Iva nel contesto di operazioni di importazione di beni dall’estero in quanto l’imposta non è dovuta se i beni vengono estratti per effettuare cessioni all’estero o intracomunitarie oppure altre cessioni senza estrazione.

Se, invece, i beni vengono estratti dai depositi Iva per essere utilizzati o commercializzati in Italia, questo comporta l’obbligo dell’assolvimento dell’Iva mediante autofatturazione  o mediante integrazione della fattura di acquisto già emessa dal cedente, ma solo nel momento dell’uscita fisica del bene dal deposito.

Se il bene viene ceduto a terzi, ma senza estrazione, anche in questo caso l’operazione non è assoggettata ad IVA.

L’iter procedurale e la documentazione  
Il Dipartimento delle Dogane, con la nota n. n.1241/97, e la C.M. n.145/E/98 stabiliscono che le operazioni in questione sono effettuate senza Iva sulla base di una dichiarazione dell’importatore circa la destinazione del bene nel deposito Iva.

L’effettiva introduzione dei beni nei depositi Iva deve essere comprovata dalla restituzione di copia del documento doganale d’importazione (Dau) munito dell’attestazione, sottoscritta dal depositario, dell’avvenuta presa in carico delle merci nel registro previsto per i depositi Iva dall’art.50-bis co.3.

Vi è anche l’obbligo di presentazione di apposita garanzia (anche con fidejussione) commisurata all’imposta. La garanzia prodotta può essere svincolata dall’Ufficio doganale solo a seguito della comunicazione, da parte del soggetto che procede all’estrazione del deposito dei dati relativi alla liquidazione dell’imposta per l’estrazione ai sensi dell’art.50, co.6.

Vi è l’esonero dalla garanzia (da indicare nelle caselle 8 e 52 del Dau) per gli importatori titolari di certificazione europea A.E.O. oppure, secondo una procedura semplificata nel limite, però, dell’ammontare dell’Iva relativa alle importazioni (o immissioni in libera pratica con introduzione nel deposito) effettuate nell’anno precedente, anche per gli importatori che ottengono il riconoscimento di impresa “solvibile” ai sensi dell’art.90 del Tuld.

Fuori dei casi di esonero la garanzia potrà essere prestata dall’importatore, dal dichiarante o da un terzo.

I vantaggi rispetto all’istituto del plafond Iva all’importazione
L’utilizzo dei depositi Iva nelle importazioni è una soluzione ottima per gli operatori che non raggiungono lo status di esportatore abituale (più del 10% di esportazioni o assimilate sul totale di volume d’affari rettificato) o che, comunque, hanno esaurito il plafond, e che quindi non possono utilizzare la dichiarazione d’intento in dogana.

I vantaggi rispetto all’immissione in libera pratica
Rispetto all’immissione in libera pratica, che permette di effettuare le importazioni senza il pagamento dell’IVA se la merce viene immediatamente vincolata (al momento dell’importazione in Italia) alla prosecuzione verso altro Stato membro, i depositi Iva consentono di gestire i casi in cui non è ancora chiara la destinazione da dare alla merce e di realizzare, per una durata non superiore a 30 giorni, alcune operazioni di perfezionamento o manipolazioni usuali sui beni stessi (packaging, etichettature, adattamenti alle norme CE, ecc)

Detassare le cessioni verso operatori comunitari con consegna in Italia
Le cessioni di beni venduti da un soggetto passivo Iva italiano a un cliente identificato in altro Stato comunitario non sono soggette a IVA, qualora i beni vengano introdotti in un deposito Iva.
In pratica i beni possono “passare di mano” più volte sempre all’interno dei depositi rimanendo ogni volta una cessione non imponibile.
Si riducono, in questo modo, anche i costi amministrativi, in quanto non si dovrà  inviare  nessuna comunicazione INTRASTAT in quanto i beni non vengono fisicamente trasportati o spediti in un altro Paese comunitario.

La condizione è che l’operazione sia effettuata direttamente nei confronti di un operatore comunitario, senza che la medesima venga veicolata sull’eventuale partita Iva italiana (identificazione diretta o rappresentante fiscale) del medesimo.

Un caso pratico
Un’azienda tedesca acquista merce in Cina e la fa spedire direttamente in Italia presso un deposito fiscale anziché farli consegnare in Germania, sdoganarli e trasferirli in Italia.
  









Un vantaggio immediato è che si riducono i costi di trasporto e di carico scarico.

L’azienda tedesca utilizza il suo codice EORI per sdoganare la merce, paga i dazi e la introduce nel deposito IVA.

Non deve aver nominato un rappresentante fiscale perché dal 2011 l’SDT può essere utilizzato anche dai soggetti non stabiliti in Italia, in possesso di codice EORI e privi di P.IVA italiana e obbligati a presentare una ENS o una EXS.

I beni sono sdoganati con bolletta IM-4 sulla quale viene indicato che sono destinati ad essere introdotti in un deposito IVA ai sensi dell’art. 50 – bis, co.4, lett. b) del D.L. 331/93.

L’azienda tedesca fattura all’azienda italiana con resa DAP (Delivered at Place) nel deposito IVA e invia copia della fattura al gestore del deposito  indicando, in luogo dell’imposta, la causa di non assoggettabilità ex art. 50 bis, co.4, lett.a) del D.L. 331/93.

Il gestore del deposito prende in carico la merce sull’apposito registro e appone sulla copia della bolletta l’attestato della presa in carico ed il numero attribuito, rimettendone copia alla Dogana di sdoganamento. Conserva  la copia del documento.

La fattura per la prestazione di sdoganamento alla ditta tedesca è non imponibile IVA art. 7 ter DPR 633/ 72.

Non si deve provvedere all’invio degli elenchi INTRASTAT in quanto la merce non ha subito movimentazione.

L’acquirente italiano può effettuare lavorazioni sulla merce (etichettatura, packaging, assemblaggio di nuovi particolari, riconfezionamento in piccoli lotti, ecc) sempre non assoggettandole ad IVA ex art. 50 bis D.L. 331/93.

Solo quando l’acquirente finale italiano estrarrà la merce dovrà emettere un’autofattura prendendo come base imponibile il valore della fattura di vendita tedesca ed integrandola con IVA.


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