Anno XXXVI - Numero 3 - 29 marzo 2013

Novità 2013 sulla fatturazione delle operazioni “extraterritoriali” e reverse charge per le operazioni effettuate in Italia da non residenti

A cura della Dott.ssa Chiara Mejnardi, Dottore Commercialista in Torino

Restyling delle disposizioni in materia di IVA a partire dal 1° gennaio 2013, con il recepimento della Direttiva 2010/45/UE finalizzata a semplificare, modernizzare e (soprattutto) armonizzare le norme in materia di fatturazione in ambito comunitario.

Fra le tante novità, si segnalano i nuovi obblighi applicabili alle operazioni c.d. “extraterritoriali” e quelli relativi al reverse charge per le operazioni effettuate in Italia da soggetti non residenti.

Dal 1° gennaio 2013 è stato introdotto l’obbligo di fatturazione per le operazioni c.d. “extraterritoriali”, cioè per quelle operazioni che non soddisfano il requisito territoriale (di cui agli artt. da 7 a 7-septies, D.P.R. 633/72), come ad esempio le cessioni di beni già esistenti in territorio estero ovvero le prestazioni di servizi non territorialmente rilevanti in Italia.
Per tali tipologie di operazioni, le società italiane (più precisamente i soggetti passivi IVA stabiliti in Italia) devono obbligatoriamente emettere fattura indicando una specifica annotazione (espressamente prevista dalla legge) e l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale.

In particolare, va riportata l’annotazione “inversione contabile” sulle fatture relative alle prestazioni “extraterritoriali” di servizi (diverse da talune prestazioni esenti) ovvero alle cessioni “extraterritoriali” di beni, effettuate nei confronti di un soggetto passivo che sia il relativo debitore d’imposta in altro Stato UE.
E' il caso (ad esempio) delle prestazioni di servizi “generici” (ad esempio servizi di riparazione o manutenzione) rese da un soggetto passivo stabilito in Italia nei confronti di un soggetto passivo stabilito in altro Stato UE (Art. 7-ter, D.P.R. 633/72). Ovvero (previa verifica della disciplina IVA francese applicabile) potrebbe essere il caso della cessione di beni mobili esistenti in Francia, da parte di un soggetto passivo stabilito in Italia nei confronti di un soggetto passivo stabilito in Francia, che sia ivi debitore della relativa imposta (Art. 7-bis, D.P.R. 633/72). 
   
Diversamente, va specificato “operazione non soggetta” sulle fatture emesse a fronte di prestazioni “extraterritoriali” di servizi ovvero cessioni “extraterritoriali” di beni, effettuate in Paesi extra-UE. Si pensi (ad esempio) alla fattura emessa da una società italiana (soggetto passivo IVA stabilito in Italia) per servizi “generici” (ad esempio, servizi di marketing) resi ad un soggetto passivo svizzero (Art. 7-ter, D.P.R. 633/72).
Riportare in fattura il riferimento di legge che giustifica il mancato assoggettamento ad imposta di tali operazioni sembrerebbe ora non essere più strettamente necessario. Tuttavia, laddove il riferimento di legge venga specificato,  è ora possibile fare rinvio (alternativamente) alle disposizioni IVA interne ovvero comunitarie (in quest’ultimo caso rendendo più facile ed immediato il coordinamento con la controparte estera dell’operazione commerciale).

Oltre alle novità in merito agli obblighi di fatturazione (che, di fatto, hanno un impatto principalmente sul piano formale/organizzativo) va sottolineato che le operazioni “extraterritoriali” di cui si è detto , dal 1° gennaio 2013, concorrono alla formazione del volume d’affari ai fini IVA, mentre non assumono rilevanza ai fini del calcolo del plafond dei c.d. esportatori abituali.
I soggetti che pongono in essere operazioni “extraterritoriali” vedranno quindi lievitare il proprio volume d’affari ai fini IVA, con possibili ripercussioni – ad esempio – sulla periodicità delle liquidazioni IVA (trimestrali per i soggetti con un volume d’affari non superiore a EUR 400.000 se aventi ad oggetto prestazioni di servizi ovvero EUR 700.000 se aventi per oggetto altre attività) ovvero sull’accesso al regime di IVA per cassa (fruibile per i soggetti con un volume d’affari che non eccede EUR 2 milioni).

Ulteriore fronte di novità è rappresentato dagli obblighi IVA previsti in capo al cessionario o committente stabilito in Italia a fronte di cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da un soggetto non residente (art. 17, co. 2, D.P.R. 633/72).

In tali circostanze si applica il meccanismo del reverse charge ma, dal 1° gennaio 2013, se il cedente/prestatore non residente è un soggetto passivo stabilito in un altro Stato UE, gli obblighi IVA  relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi (anche non “generici”) effettuate in Italia devono essere adempiuti dal cessionario o committente (soggetto passivo IVA in Italia) mediante la procedura di integrazione (di cui agli artt. 46 e 47, D.L. 331/93).
A mero titolo di esempio, nell’ipotesi di acquisto di beni da un fornitore, soggetto passivo in Francia, i cui beni (all’atto dell’acquisto) sono già esistenti in Italia (ad esempio sono presso un magazzino in Italia del fornitore francese), il committente (soggetto passivo IVA stabilito in Italia) deve provvedere all’integrazione della fattura ricevuta dal proprio fornitore comunitario e quindi gestire i relativi adempimenti (registrazione, inclusione nella dichiarazione IVA annuale, etc.). Naturalmente non deve compilare il modello INTRASTAT con riferimento a tale operazione.

Diversamente, nell’ipotesi di acquisto di beni da un fornitore svizzero, i cui beni (all’atto dell’acquisto) sono già esistenti in Italia (ad esempio sono presso un magazzino in Italia del fornitore svizzero), il committente (soggetto passivo IVA stabilito in Italia) deve emettere autofattura, con annotazione “autofatturazione” e quindi provvedere ai relativi adempimenti (registrazione, inclusione nella dichiarazione IVA annuale, etc.).
 


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