Anno XXXIX - Numero 6 - Luglio 2016

Dall'Ordine dei Commercialisti e degli Esperti Contabili di Ivrea, Pinerolo, Torino

Costi da Paesi Black List e nuove norme per favorire l’internazionalizzazione delle imprese
a cura del dott. Andrea Barabino

Le imprese italiane spesso acquistano beni o servizi da paesi che sono considerati “paradisi fiscali”. Si tratta di normali operazioni commerciali, che però, fino all’anno scorso, erano viste con sospetto dal fisco ed erano soggette ad un regime fiscale particolare, disciplinato dai commi 110 / 112 bis del testo unico delle imposte dirette (TUIR).

Sulla possibilità di dedurre i costi sostenuti per importazioni di beni o servizi da imprese residenti nei cosiddetti paesi black list si sono susseguite numerose modifiche, è quindi utile fare il punto della situazione attuale.

1. In base alla Legge di Stabilità 2015 (art. 1, comma 678, Legge 190/2014), il criterio rilevante per l’indeducibilità dei costi black list veniva individuato esclusivamente nella mancanza di un adeguato scambio di informazioni tra il Paese del fornitore e l’Italia, essendo stato eliminato il previgente criterio relativo al livello della tassazione (meno del 50% rispetto al livello nominale dell’imposizione italiana).

2. In attuazione di tale criterio, il Ministro dell’Economia e delle Finanze aveva emanato, il 1° aprile scorso, il decreto che ridisegnava la mappa dei Paesi black list per l’indeducibilità dei costi, onde “favorire l’attività economica e commerciale transfrontaliera delle imprese” (come riporta il comunicato del MEF); 21 paesi uscirono dalla lista “nera”.

3. Sempre nel 2015, il Governo è stato delegato a introdurre norme per favorire l'internazionalizzazione delle imprese, ed ha emanato il DL 147, che, all’art. 5, ha stabilito che i costi sostenuti nei confronti di operatori localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata sono ammessi in deduzione entro il limite del valore normale dei beni e dei servizi effettivamente acquistati,  abrogando la condizione in base alla quale la deducibilità dei costi era subordinata all'esercizio prevalente ed effettivo di un'attività commerciale da parte dell'impresa fornitrice estera. Rimaneva, viceversa, in piedi la seconda condizione, secondo cui la deducibilità oltre il limite del valore normale era ammessa solo qualora si potesse dimostrare l’effettivo interesse economico e la concreta esecuzione dell’operazione. Questo è rimasto il regime vigente per il 2015, da dichiarare in Unico 2016.

4. Infine, il 30 dicembre 2015, è stata pubblicata la Legge di Stabilità per il 2016 (Legge 208 del 28 dicembre 2015), che abroga tutta la normativa precedente, ed assoggetta la deducibilità dei c.d. "costi black list" alle stesse regole previste per la deducibilità dei costi “nazionali”; ossia: inerenza, competenza ed effettività dell’operazione, senza limiti legati alla nazionalità del fornitore o al valore normale.

E questa è la normativa in vigore dal 2016 (quindi gli effetti si avranno nell’Unico 2017).

Quindi, per la dichiarazione dei redditi del 2016 per 2015, si dovranno comunicare al commercialista tutti costi sostenuti verso fornitori di beni o servizi residenti in Paesi black list, affinché possa compilare gli appositi quadri.

La mancata indicazione nel modello Unico 2016 dei costi black list, anche se la norma è abrogata dall’anno successivo, comporta il rischio di ricevere sanzioni pari al 10% dell’importo dei costi non dichiarati, con un minimo di 500 e un massimo di 50mila euro.

Ed ecco i paesi presenti nell’ultima black list: Andorra, Angola, Antigua, Bahamas, Bahrein, Barbados, Barbuda, Brunei, Dominica, Ecuador, Giamaica, Gibuti (ex Afar e Issas), Grenada, Guatemala, Hong Kong, Isole Marshall, Isole Cook, Isole Vergini statunitensi, Kenia, Kiribati (ex Isole Gilbert), Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Maldive, Monaco, Nauru, Niue, Nuova Caledonia, Oman, Panama, Polinesia francese, Portorico, Saint Kitts e Nevis, Samoa
 Salomone, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Sant’Elena, Sark (Isole del Canale), Seychelles, Svizzera, Tonga, Tuvalu (ex Isole Ellice), Uruguay, Vanuatu.

Fino al 31 marzo 2015 vi erano inclusi anche: Alderney (Isole del Canale), Anguilla, ex Antille Olandesi, Aruba, Belize, Bermuda, Costarica, Emirati Arabi Uniti, Filippine, Gibilterra, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Isola di Man, Isole Cayman, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Jersey (Isole del Canale), Malesia, Mauritius, Montserrat, Singapore.

Coordinamento editoriale: Francesca Corsini, Francesca Tessitore
Redazione a cura di: Centro Estero per l'Internazionalizzazione e Camera di commercio di Torino


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