Anno XXXIX - Numero 5 - Giugno 2016

Dall'Ordine dei Commercialisti e degli Esperti Contabili di Ivrea, Pinerolo, Torino

Export in Brasile, è possibile per la piccola e media impresa italiana?
a cura del dott. Edoardo Martano

La risposta sarebbe semplice se ci si limitasse a seguire lo spirito del tempo che scorre. Alcuni anni or sono il Brasile, in quanto primo componente alfabetico dei famosi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), sarebbe stato una teorica prima scelta, mentre oggi, sull'onda delle turbolenze politiche ed economiche, i dubbi sul futuro si sommano alle difficoltà oggettive di tipo commerciale, amministrativo e fiscale per affrontare un mercato ai confini del mondo, come direbbe Papa Francesco.

In realtà, le turbolenze politiche ed economiche sono una variabile che non cambia fenomeni tendenziali di più lungo periodo nello scenario internazionale, mentre le difficoltà oggettive rappresentano una costante ineludibile.

Il Brasile rimane un mercato interessante per le imprese italiane, medie o piccole che siano, ma possibile solo a patto di avere una strategia chiara con la quale affrontarlo.

In un successivo articolo affronteremo le dinamiche amministrative e commerciali, mentre ora ci soffermeremo sulla questione fiscale che rappresenta un elemento spesso considerato come un ostacolo insuperabile poiché apparentemente lontano dalle nostre logiche e quindi un freno all'esportazione conveniente verso il Brasile.

Non si può affrontare il sistema della tassazione dei beni in ingresso se prima non si comprende il sistema fiscale cui possono aderire le aziende.
Esistono, infatti, tre macro indirizzi: con tassazione Simple, a Lucro Presumido e a lucro Real.
Il primo si basa su un pagamento forfettario delle Imposte sul fatturato a prescindere dai costi e quindi dagli utili che si realizzano. Questo ha una gestione amministrativa appunto “semplificata” con un limite di fatturato di 3.600.000 R$ (al cambio attuale circa 900.000 €); in questo caso è possibile pagare un'aliquota secca sul fatturato, che parte dal 4,5% per attività di commercio, una aliquota bassa ma sempre sul fatturato lordo.
Per le aziende che optano per il Lucro Presumido è possibile aderire ad un'aliquota per il commercio del 15%. È ovvio che questa seconda opzione può funzionare in un contesto di alti utili garantiti  dal momento che le imposte sono sul fatturato e non sull’utile.

Se si esce dal regime del fatturato Presumido e si entra in quello Real, obbligatorio oltre i 78.000.000 R$, la situazione immediatamente si avvicina a quella italiana con due grandi differenze la gestione delle quali risulta determinante per il risultato finale. In Brasile le tasse si sommano progressivamente e non tutte si compensano. Inoltre, essendo uno stato federale, nei passaggi interni da uno stato all'altro, la tassazione normalmente continua a crescere.
Da questo punto di vista esistono anche dei vantaggi poiché alcuni degli Stati offrono importanti agevolazioni in ingresso anche se non eliminano la tassazione nel passaggio da uno stato all'altro.

Utilizziamo un esempio di importazione di un bene, che non si avvantaggia delle agevolazioni in ingresso, come per i prodotti di particolare innovazione o non presenti in Brasile, ma che neppure esce dallo Stato in cui è entrato. Supponiamo di voler importare del vino a Sao Paulo che rappresenta il cuore imprenditoriale del Brasile.

Supponiamo che il costo di acquisto sia di 10 euro, mentre il costo all'utente finale in Italia sia di 25 euro incluse le tasse italiane.
Qui diventa fondamentale il regime tributario utilizzato da chi importa perché, se la azienda adotta il Lucro Reale una buona parte delle tasse le compensa con le tasse che incassa alla vendita.
Le tasse sono diverse, II, IPI, PIS, COFINS, SISCOM, ICMS che per un vino possono alzare il costo di più del 50%, ma sempre da un valore di acquisto molto più basso di quello di vendita in Italia.
Inoltre di questo 50% quasi tutte le tasse ad esclusione del II, circa il 16%, si possono compensare con un concetto similare alla IVA; di conseguenza, se non ci sono troppi intermediari e se chi distribuisce ha una politica sugli utili strategica, il prezzo finale sugli scaffali in Brasile può essere equo e interessante per gli esportatori.

Come potete vedere nel caso in cui il nostro acquirente finale sia un'azienda una discreta parte delle tasse possono essere recuperate e, in ogni caso, siamo ben lontani da prezzi che triplicano o quadruplicano il costo del bene rispetto al prezzo cui viene venduto in Italia. Questo apre interessanti e reali prospettive commerciali per chiunque voglia aprirsi al mercato Brasiliano

Per concludere occorre sottolineare l'enorme amore che i Brasiliani di origine italiana (circa 28.000.000) e non nutrono per il nostro Paese che guardano sempre con estremo interesse andando al di là degli stereotipi apprezzandone il design, la tecnologia, la moda e, ovviamente, l'enogastronomia.

Coordinamento editoriale: Francesca Corsini, Francesca Tessitore
Redazione a cura di: Centro Estero per l'Internazionalizzazione e Camera di commercio di Torino


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