Anno XXXV - Numero 1 - 30 gennaio 2012

Dall'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Ivrea, Pinerolo, Torino

Deducibilità spese e componenti negativi di reddito derivanti da operazioni con soggetti residenti in Paesi Black-List – Art. 110 TUIR
a cura del Dott. Roberto Tamburelli, Dottore Commercialista in Torino
 
A far data dalla fine degli anni novanta nel nostro Paese si è prestata maggiore attenzione agli aspetti fiscali delle transazioni e operazioni che i soggetti residenti intrattengono con l’estero. L’amministrazione finanziaria e il Governo si sono infatti resi conto che l’utilizzo distorto e a fini elusivi o evasivi delle stesse consentiva un importante erosione della base imponibile nazionale.
A tale fine il legislatore ha progressivamente introdotto nel nostro sistema tributario una lunga serie di disposizioni volte a contrastare tale fenomeno e che hanno natura antielusiva o antiabuso.


Le principali sono state:

- l’ Art. 2 comma 2 Bis del DPR 917/1986 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi che di seguito, per brevità, indicheremo come TUIR) inversione della prova per le persone fisiche residenti in paradisi fiscali;

- l’ Art. 167 ed 168 TUIR – Disposizioni CFC;

- diverse limitazioni alla fruizione di norme agevolative e di tassazioni favorevoli per i soggetti che risiedono in Paesi black-list o per i redditi di tale fonte.
 
In questo panorama si inseriscono anche i commi da 10 a 12-bis dell’ Art. 110 del TUIR.

Il comma 10 stabilisce che non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in stati diversi da quelli individuati nella white-list pubblicata ai sensi dell’ Art. 168-bis del TUIR (Paesi o territori che garantiscono un adeguato scambio d’informazioni). In attesa dell'emanazione della white-list la disposizione si applica al contrario nel senso di includervi le operazioni intercorse con soggetti residenti nei paesi di cui alla lista nera del DM 23 gennaio 2002. Fra questi Paesi sono fra gli altri compresi, a titolo esemplificativo e non esaustivo: Filippine, Guatemala, Hong Kong, Libano, Malesia, Oman e alcuni regimi societari di Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Monaco, Singapore, Corea del Sud, Costarica, Kenia, Svizzera, Uruguay ...

Il comma 11 stabilisce che le disposizioni di cui al comma 10 non si applicano quando le imprese residenti forniscono alternativamente:
 
- la prova che le imprese straniere svolgono prevalentemente una attività commerciale effettiva;
- le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico ( della società italiana) e le stesse hanno avuto concreta esecuzione.
 
In aggiunta il penultimo periodo subordina comunque la deducibilità all’indicazione separata in UNICO di queste spese che avviene tramite la loro indicazione, sia in aumento che in diminuzione negli appositi righi della dichiarazione.

La prima esimente è, nella pratica, non sempre da fornire. L’ amministrazione finanziaria ha dato alcune indicazioni in varie circolari in merito alle prove che il contribuente deve addurre per dimostrare lo svolgimento dell’attività commerciale effettiva. In particolare bisogna dimostrare la presenza di personale dipendente di avere una certa struttura e così via. 
Ora è evidente come un fornitore straniero terzo sia riluttante a inviare al cliente italiano della documentazione adeguata e soprattutto a rivelargli dei dati che hanno natura riservata  sulla propria attività, soprattutto se trattasi di fornitura sporadica e non abituale. 

La seconda esimente prevede invece delle valutazioni soggettive e discrezionali da parte dell’Amministrazione finanziaria in caso di verifiche e quindi espone il contribuente a possibili riprese di costi basate su apprezzamenti soggettivi e non su elementi oggettivi. Per limitare il rischio è opportuno che i soggetti predispongano a priori una adeguata documentazione, da conservare agli atti, che dimostri l’effettività della operazione (trasporto delle merci, dimostrazione dei servizi fruiti ecc.) e della convenienza economica ad averla attuata: prezzo conveniente, qualità dei prodotti superiore ad altri fornitori, impossibilità di reperire gli stessi prodotti su altri mercati e così via. 

Il comma 12 esclude poi l’applicazione della norma ai casi in cui le operazioni siano intercorse con una società estera che rientra nel campo di applicazione delle disposizioni in materia di imprese estere controllate (CFC rules) di cui agli Artt. 167 e 168 del TUIR.
In tempi più recenti è stato inserito anche il comma 12-bis che allarga il campo di applicazione anche alle prestazioni di servizi rese da professionisti domiciliati in Stati o territori diversi da quelli di cui alla white-list.   

La ratio della disposizione di cui ai commi 10 e seguenti è evidente: contrastare l’utilizzo di strutture ubicate in Paesi a fiscalità privilegiata e create ad-hoc per abbattere la base imponibile di società residenti. Gli schemi più classici sono la costituzione di società partecipate dalla capo-gruppo o da altre società del gruppo che svolgono la funzione di trader e che, grazie al mark-up operato sulle transazioni attuate consentono di aumentare i costi di acquisto dei beni e dei servizi della società acquirente residente (strutture trasparenti). In altri schemi le società hanno i BO (Benefacial Owners) che sono persone fisiche residenti e sono possedute da soggetti off-shore o che comunque garantiscono l’anonimato del BO (strutture occulte).
 
Tale norma però colpisce anche situazioni effettive in cui il soggetto residente si trova ad interloquire con una società black-list senza poterne fare a meno e per ragioni di convenienza commerciale. E’ il caso in cui si commercia effettivamente con Paesi della lista nera o in cui i propri fornitori stranieri  hanno messo in piedi strutture di trading per un loro esclusivo vantaggio fiscale. Caso frequentissimo si ha ad esempio con la Cina le cui società spesso vendono tramite brokers e trafders di Hong Kong, oppure nel settore dello shipping dove molti brokers, agents e società armatoriali sono residenti in paesi come Monaco, Singapore, Panama...

Ora non sempre il soggetto residente è a conoscenza di questa norma anti-abuso e acquisisce quindi la documentazione necessaria a provare la sussistenza delle condizioni di cui al comma 11 summenzionato e, ancora peggio, non compila i righi della dichiarazione dei redditi indicando l’ammontare delle operazioni effettuate.

Un consiglio che si può dare agli operatori economici nazionali è quello di informare immediatamente il proprio professionista di fiducia nel momento in cui si ha la necessità o l’intenzione di ricevere prestazione di servizi o forniture di beni, o altri componenti negativi di reddito in genere, da  soggetti residenti in Paesi black-list al fine di potere valutare insieme a priori la possibilità di dedurre il relativo costo.


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